- LA VILLEGGIATURA - (testo)


Il vocabolo “villa” indica un’abitazione, solitamente elegante, che può essere dotata di un giardino o addirittura di un parco. Il vocabolo “villano”, invece, oggi pressoché obsoleto, si usava per identificare chi abitava nella villa. Oggi con il termine di villano indichiamo una persona rozza nei modi o scortese, poiché l’etimologia di questa parola è associata al villanello, in altre parole al contadino, che era ritenuto privo di cultura. Dopo questa breve introduzione linguistica, iniziamo a parlare degli aspetti attinenti le ville. La costruzione, per via delle sue ragioni d’uso, è al di fuori della città. La scelta per l’ubicazione della villa richiede i seguenti requisiti: l’individuazione di un paesaggio pregevole, le condizioni climatiche ottimali, la possibilità di raggiungere il centro abitato e, non da ultimo, l’aspetto idro-geologico del territorio sul quale sarà edificata. La posizione deve garantire ai residenti un piacevole panorama, mentre l’orientamento assicura la migliore esposizione solare. La luce deve illuminare gli ambienti in maniera funzionale, pertanto l’orientamento dell’edificio è fondamentale tanto quanto l’adeguata ventilazione per alleviare gli effetti del calore estivo. Anche per altri motivi, oltre allo svago e al riposo, si trascorreva periodi in villa. Uno di questi poteva riguardare la salute. La residenza al mare offriva ottimi benefici per chi, all’inizio del ’900, doveva praticare terapie con esposizione al sole e all’aria iodata. Mentre per le terapie delle vie respiratorie si privilegiava il paesaggio alberato e ossigenato della campagna.
Un altro motivo, invece, riguardava le attività lavorative; la villa padronale, poteva essere adiacente al contado in cui i coloni gestivano l’agricoltura e gli allevamenti di bestiame. La villa, inoltre, – sembrerà contraddittorio con quanto detto in precedenza – poteva essere in prossimità della fabbrica di proprietà del villeggiante. Le industrie, erano in prevalenza ubicate per la via per Carbonara, – nel tratto compreso tra la ferrovia o cinta daziaria e l’attuale viale Kennedy – dove si producevano prodotti tessili, vetri e affini, alimenti, candele e lampade, saponi, carte da gioco e materiale per l’edilizia.
Nella città di Bari si sviluppò la tendenza ad erigere le ville fuori porta a fine ’800. Le famiglie più facoltose, – alcune di queste arrivarono anche dalla Francia, dalla Germania, dalla Svizzera e dalla Jugoslavia – per motivi legati ad attività industriali e di commercio, innalzarono prestigiose residenze lungo gli assi viari importanti. Tali strade erano: quella per Carbonara – attuale corso Benedetto Croce e corso Alcide De Gasperi, – la strada per Capurso – attuale via Amendola –, quella che conduceva a Bitritto – iniziando dall’attuale viale Pasteur –. Per quanto concerne le residenze al mare, furono edificate lungo la strada per la località di Torre Pelosa – oggi denominata Torre a Mare – mentre, dal versante opposto, la strada era quella che conduceva a Palese-Macchie. Sul lungomare di Palese sorge la proprietà Longo de Bellis che detiene il primato per longevità, l’anno di costruzione risale al 1870. Qualche anno dopo, avendo il Comune di Bari effettuato alcuni interventi di bonifica e sistemazione dei primi assi viari, per i villeggianti della ricca borghesia divenne possibile, dal 1880 circa, erigere immobili e trasferirsi in prossimità del faro e nelle contrade di San Girolamo e Fesca. Le carrozze con i cavalli erano mezzi di considerevole dimensioni anche perché le famiglie, talvolta numerose, avevano un bagaglio notevole stipato in bauli ingombranti. La servitù, composta da una governante, una cameriera, un maggiordomo, un giardiniere e uno stalliere, anticipava i villeggianti per far sì che la residenza fosse accogliente al loro arrivo. I mobili delle ville erano capienti e “imponenti” quanto quelli delle residenze urbane. Prodotti con gran cura da ebanisti per resistere ai periodi in cui le ville rimanevano chiuse. I letti a baldacchino avevano drappi in tessuto di tarlatana per difendere i villani dalle zanzare. La servitù aveva il suo bel da fare in quanto gli elettrodomestici avrebbero fatto la loro comparsa non prima degli anni ’60. Gli abiti erano lavati a mano, lasciati immersi nella cenere per poi essere saponati e strizzati con appositi strumenti. La moda di quel periodo imponeva abiti molto fastosi e poco pratici, ciò che influenzava il senso estetico ed etico era ancora lo stile ottocentesco. Come si vestivano donne e uomini per andare in riva al mare? Intanto si precisa che a differenza di quanto si possa immaginare, il costume da bagno ha origine molto antica. Lo documenta il mosaico romano di piazza Armerina, in Sicilia, che raffigura delle donne con un indumento a due pezzi simile al bikini. Nel 1900, si è verificata un’inversione della tendenza. Il costume da bagno femminile è costituito da una gonna lunga, fatta di un tessuto pesante – perché non diventasse trasparente se bagnata – e con piccoli pesi per evitare che si sollevasse. I polpacci sono coperti con dei calzettoni e i piedi calzano scarpine allacciate. La parte superiore del costume è a maniche corte. Il costume da bagno da uomo è fatto da un unico pezzo con maniche corte o con bretella tipo canotta, pantaloni al ginocchio e bottoni sul davanti. Il tutto in tessuto con lana a righe colorate. Negli anni ’20 avviene un’evoluzione nei costumi da donna: si accorciano le gonne e le maniche corte diventano larghe bretelle. Il costume continua a essere un unico pezzo fino agli anni ’30. Periodo quest’ultimo in cui gli uomini indossano solo lo slip a vita alta e non sgambato.
Negli anni ’30 s’indossano, inoltre, pigiama di seta sopra il costume o accappatoio. Le donne avevano come accessorio una cintura che poteva contenere dei trucchi cosmetici impermeabili.
Il fatto che la moda mare prevedesse abiti “esageratamente” coprenti non sorprende in un periodo in cui l’abbronzatura era considerata un aspetto volgare e la pelle doveva essere di colore chiaro. I primi villeggianti, con indosso costumi più simili ai nostri tempi, si potranno vedere dagli anni del secondo dopoguerra e verso i primi anni ’60. Anni in cui in Italia il bikini cominciò a essere approvato dall’etica del tempo. All’inizio del ’900, per ripararsi dal sole, si utilizzavano ombrellini e copricapo di paglia o cuffie in tessuto; gli uomini, vestiti talvolta di tutto punto, usavano come copricapo la “paglietta”.
Intorno al 1912, in virtù dell’atteggiamento pudico, si iniziarono a costruite nella zona che chiamiamo Mare Isabella, strutture di legno sul mare a uso di stabilimento balneare. Erano cabine pari a baracche, innalzate su palafitte che permettevano un cambio d’abito e un’entrata in mare senza essere visti da nessuno tutelando il senso del pudore che vigeva a quel tempo. Il lido “San Francesco all’Arena” era sorto nel 1928 con denominazione all’epoca di “Lido del Levante” e fu il primo stabilimento su arenile. Termine da cui deriva il nome attuale dello stabilimento. I villeggianti trascorrevano il loro tempo al riparo di tendoni e ombrelloni. Un giro in mare in barca a remi o con vela latina era una scelta alternativa al nuoto, al passeggio o alla conversazione. Intanto l’impiego delle baracche su palafitta, dello stabilimento “Marechiaro”, nell’ansa di Mare Isabella, proseguì fino al principio degli anni ’60. Il “Lido Trampolino”, inizialmente noto come “Lido Eden”, fu realizzato a metà anni ’50 in prossimità del canale Lamasinata e divenne il riferimento per la “Bari bene”. Ancora oggi ottimamente funzionante, consta di una struttura in muratura dotata di piscina sopraelevata con trampolino e cabine. Durante il periodo fascista, sorgeva sul lungomare di Fesca – in posizione opposta al Lido Trampolino –, una colonia marina che accoglieva i bambini dell’Organizzazione Nazionale Balilla e le bambine delle Giovani Italiane. Gruppi che poi entrarono a far parte della Gioventù Italiana del Littorio il cui acronimo era GIL. Utile questa struttura anche come centro elioterapico. Tale sito era raggiungibile scendendo alla fermata della località Fesca utilizzando un servizio ferroviario che collegava Bari con Barletta. La locomotiva, che partiva dalla stazione di via Napoli, con alcune carrozze era soprannominata “ciclatera”, perché paragonata alle caffettiere delle caffetterie. Gli anni ’60 videro il degrado della colonia che fu quindi demolita. Adesso due piccole rotonde, sul lungomare IX maggio, affianco al “Lido Massimo”, ricordano l’ubicazione della colonia. Dopo aver trascorso il tempo in riva al mare, in che altro modo trascorrevano il tempo i villeggianti? Forse con una passeggiata a cavallo, senz’altro leggendo o dedicandosi alla corrispondenza, dipingendo, giocando a carte o magari disputando una partita a scacchi o dama. La musica, era prodotta da un carillon, da un fonografo o un grammofono, altrimenti era suonata dal vivo con una chitarra o altri strumenti di facile trasporto… un pianoforte – se pure a muro – era un’impresa troppo impegnativa. Lo zootropio, il prassinoscopio e la lanterna magica, erano strumenti innovativi per l’epoca e permettevano la visione di immagini in movimento o disegni proiettati diventando un piacevole intrattenimento. I giochi dei bimbi erano svariati come ad esempio il salto della corda o della campana.
I maschietti giocavano con modellini realizzati in latta come automobili con carica a molla e cavallucci di legno. Le bambine avevano bambole di pezza, che imitavano fedelmente gli abiti di quel tempo, oppure correvano con gli aquiloni. Inoltre c’erano i birilli, il volano – un gioco simile al tennis – e il cerchietto, attività che consisteva nel farlo volare lanciandolo all’avversario con le bacchette. In spiaggia si gustavano tramezzini e ci si refrigerava sorseggiando granite insaporite da sciroppi. I cibi erano conservati usando l’antesignano del frigo ovvero la ghiacciaia. All’inizio del ’900 non c’era la rete idrica a servizio di quelle zone e l’acqua potabile doveva essere utilizzata con parsimonia, tantomeno esisteva la rete fognaria. A sopperire a tale carenza c’erano delle imprese che gestivano i rifornimenti idrici e il ritiro dei pitali, il cui contenuto diventava utile per concimare giardini o campi agricoli. Per cucinare si usavano le cosiddette cucine economiche che funzionavano a carbone e avevano piastre in ghisa su cui posare i tegami da scaldare. Con la brace si scaldavano gli ambienti mediante bracieri e scaldaletto poiché sia le ville al mare che quelle di campagna non erano provviste di camini. Probabilmente si faceva uso di stufe in ghisa. Tornando all’argomento del tempo libero, occorre ricordare che i villani potevano assistere, occasionalmente, persino a corride – come avvenne nel 1923 – oppure a gare di aviazione, come quelle svolte nel 1911 nella zona antistante Mare Isabella. Nel 1929 si diede il via alla 1ª Coppa di Crollalanza, una competizione automobilistica che ebbe il traguardo nella zona della Fiera in costruzione. L’inaugurazione della Fiera del Levante, nel 1930, sancì un fondamentale sviluppo del territorio e opportunità per i villeggianti per trascorrere il tempo libero. Tra i padiglioni, oltre alle molteplici attrattive, esisteva un’arena per i caroselli storici – sul lato destro dell’ingresso Italo Orientale – e anche un padiglione della musica con teatro e cinema all’aperto sul versante opposto a quello citato. Nel secondo dopoguerra la Fiera, molto danneggiata dalle offese belliche, fu rimodernata e il cineteatro fu demolito. Nel 1932 il servizio tranviario elettrico su binari collegava piazza Massari al “Lido San Francesco all’Arena” rendendo ulteriormente pratici gli spostamenti tra villa e città. Nel 1934 l’inaugurazione dello stadio della Vittoria assicurò al pubblico varie iniziative sportive oltre a quelle calcistiche. Tra il 1947 e il 1956 si allestì un circuito automobilistico che girava attorno alla Fiera, lo Stadio, fiancheggiava la pineta “San Francesco” e attraversava la penisoletta del faro.
In questi gran premi automobilistici erano in competizione celebri piloti tra cui: Ascari, Nuvolari, Taruffi, Villoresi. Correvano a bordo di auto di prestigiose case automobilistiche: Alfa Romeo, Cisitalia, Maserati e Ferrari per citarne alcune. Anche il progresso si evolveva velocemente, passando anche dalla luce delle candele a quelle delle lampade ad olio e dai fanali a gas alla luce elettrica, modificando l’aspetto del territorio e gli stili di vita dei villeggianti.








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